Intitolazione della biblioteca comunale - I candidati

Ultima modifica 5 novembre 2021

Dino Buzzati nasce il 16 ottobre 1906, a San Pellegrino, una località alle porte di Belluno, terzogenito di quattro fratelli. Sin dalla giovinezza si manifestano in lui gli interessi, i temi e le passioni del futuro scrittore ai quali resterà fedele per tutta la vita: la poesia, la musica (studia violino e pianoforte e scriverà in futuro libretti d’opera), il disegno e la montagna, vera compagna dell’infanzia, a cui è dedicato il suo primo romanzo, Bàrnabo delle montagne. Dentro di lui prende sempre più corpo il desiderio e il sogno di dedicarsi professionalmente a qualunque mestiere prevedesse la scrittura. Nel 1928, ancora prima della laurea in giurisprudenza, entra perciò come praticante al Corriere della sera, del quale diverrà in seguito redattore e infine inviato. Nel 1935 verrà pubblicato il suo secondo romanzo, Il segreto del bosco vecchio, mentre nel giugno del 1940 vedrà la luce il suo capolavoro, Il deserto dei Tartari, che diverrà un emblema della letteratura del Novecento. Durante la seconda guerra mondiale, scriverà corrispondenze di guerra e suo sarà l’editoriale della prima pagina del Corriere, Cronaca di ore memorabili, narrazione e commento della liberazione del 25 Aprile. Nel 1945 lo scrittore pubblica anche un romanzo per bambini da lui stesso illustrato, La famosa invasione degli orsi in Sicilia. Nel 1949 esce il volume di racconti Paura alla Scala e nel giugno dello stesso anno Buzzati è inviato dal Corriere della sera al seguito del Giro d’Italia. La cronaca, soprattutto la nera, ma anche la bianca e quella sportiva, sarà il settore giornalistico prediletto da Buzzati, che assumerà anche l’incarico di critico d’arte dello stesso quotidiano milanese. La sua attività giornalistica verrà apprezzata soprattutto per la capacità di trasformare semplici fatti di cronaca in racconti fantastici e poetici, dando luogo ad un sapiente connubio tra giornalismo e letteratura. I suoi racconti più significativi, insieme ad altri testi, confluiranno nel volume Sessanta racconti, che vincerà il Premio Strega nel 1958. Nel 1960 Buzzati tornerà alla forma del romanzo con Il grande ritratto che riscuote molto successo ed anticipa il più famoso Un amore, incentrato su una tormentata vicenda amorosa in cui si scorgono riferimenti autobiografici. Nel 1966 esce la raccolta Il colombre ed altri racconti e due anni dopo La boutique del mistero che raggruppa trentuno storie estrapolate dalle opere precedenti con la chiara intenzione di raccogliere il meglio della sua produzione novellistica. Le ultime opere dello scrittore bellunese spaziano tra generi diversi: un poema a fumetti, racconti ed elzeviri incentrati sulla morte, una raccolta di dipinti e brevi commenti. Dino Buzzati muore a Milano il 28 gennaio 1972.
Dino Buzzati viene candidato per l’ampiezza della produzione che giunge ad abbracciare quasi tutti i generi letterari e per essere stato un testimone della storia italiana del novecento dalle colonne di uno dei suoi più prestigiosi quotidiani.

Carlo Emilio Gadda (Milano, 1893 Roma, 1973), ingegnere di formazione ma scrittore e poeta per inclinazione, talento e fama, visse e lavorò per la gran parte della sua vita a Milano e Roma; la casa di Longone al Segrino, che lui detestava, ritenendola una spesa folle e capricciosa del padre e causa della rovina economica della sua famiglia, la visitò raramente, e la vendette con immenso sollievo nel 1937. E tuttavia, la Brianza, "con Resegone sullo sfondo e odor di Lucia Mondella nelle vicinanze”, con la sua tradizione culinaria e il suo dialetto, inevitabilmente contaminato da espressioni milanesi e neologismi del tutto originali, fa da protagonista in alcuni dei “Racconti dispersi” ma soprattutto ne “La cognizione del dolore”, iniziato in quello stesso 1937 e dove, dietro le sembianze della latinoamericana El Prado non si nasconde che la città di Erba con i suoi dintorni, Canzo e Longone.
Carlo Emilio Gadda viene candidato per avere utilizzato la lingua italiana come nessuno mai aveva fatto prima di lui e per avere descritto più volte nei suoi scritti, talvolta celati dietro nomi di fantasia talaltra citati espressamente, alcuni luoghi tipici del territorio erbese.

Alda Giuseppina Angela Merini (Milano, 21 marzo 1931 – Milano, 1 novembre 2009). Poetessa, aforista e scrittrice lombarda. Figlia del brunatese Nemo Merini che inizialmente incoraggia le sue inclinazioni letterarie per poi cercare di ricondurla a percorsi più tradizionali, mostra fin da bambina un’indole sensibile e malinconica che sfocerà in una venatura mistica caratterizzante la sua intera produzione. Nel 1947 le viene diagnosticato un disturbo bipolare che la costringerà ad un lunghissimo internamento dal 1964 al 1972, un’esperienza che influenzerà le sue opere successive. Nel 1984 vede la luce La Terra Santa, una raccolta di poesie incentrate sulla sua esperienza psichiatrica che nel 1993 le varrà il Premio Librex Montale. Nel 1986 il medesimo tema verrà ripreso con forza nell’opera autobiografica in prosa L’altra verità, diario di una diversa che nel 1997 la porterà a ricevere il Premio Procida isola di Arturo – Elsa Morante. Sul finire degli anni ’90 la sua produzione si concentra prevalentemente nello stile aforistico e nel 2002 viene insignita del Sigillo Longobardo dal Consiglio Regionale Lombardo e del titolo di Dama di Commenda dell’Ordine al Merito della Repubblica italiana. Le sue spoglie riposano nel Famedio del Cimitero Monumentale di Milano.
Alda Merini viene candidata sia per le sue origini comasche sia come riconoscimento per la sua drammatica testimonianza di vita con cui ha dato voce, grazie ad una straordinaria sensibilità letteraria, alla sofferenza di una moltitudine silenziosa di "diversi".

Luciano Molteni nasce a Lurago d'Erba il 10 marzo 1922 da Marco e Giuseppina Nespoli. Allievo del Collegio Ballerini di Seregno, frequenta poi gli studi classici: il ginnasio al Collegio San Giuseppe di Monza ed il liceo al Manzoni di Milano, eccellendo sempre in tutte le materie. Prosegue poi gli studi alla facoltà di medicina veterinaria di Milano, dove si laurea a pieni voti nel 1945. Questa sua professione lo avvicina ancora di più alle sue origini e dal mondo contadino della sua terra: la Brianza. Si unisce in matrimonio con Teresina Pulici e, nel 1953, vince la condotta di Mariano Comense. Ama molto disegnare, dipingere e scrivere poesie. Quando gli viene chiesto di preparare qualcosa per l'inaugurazione della Baita degli Alpini di Lurago, accontenta subito gli amici scrivendo una poesia dialettale. Inizia così una collaborazione con la Pro Loco e, sul giornalino locale, vengono spesso pubblicate sue poesie che lui scherzosamente chiama "Versi e versacci". Nel 1991 inizia a raccoglierle in un libro di elegante carta a mano, accompagnandole con i suoi disegni, ma non riuscirà a portare a termine questa raccolta perché il 18 dicembre 1993 perde la sua battaglia con la malattia che lo accompagnava da quattro anni. Pochi giorni prima, in ospedale, aveva terminato la sua ultima poesia Presepi d'olter temp in cui parla, ancora una volta, dei tempi andati quando si viveva con semplicità e serenità. La raccolta è stata pubblicata postuma nel 2002 dalla figlia Cristina.
Luciano Molteni viene candidato per avere immortalato Lurago con un ciclo di poesie dialettali in cui, con semplicità e una punta di ironia, mai disgiunte da un pizzico di nostalgia, sono descritti i luoghi e i sodalizi, i lavori e le tradizioni di “quel paesino di case seminate”.

Rosa Maria Picotti nasce il 9 marzo 1923 a Fano (Pesaro) da Giovanni Battista Picotti, insigne storico, e Leopolda Zamboni, sorella del filosofo Giuseppe Zamboni. A Pisa frequenta il liceo classico e i primi due anni di Università. Dopo il 1943 con la famiglia è sfollata nel veronese. Continua gli studi prima a Milano e poi a Padova dove si laurea con il massimo dei voti. Nel 1946 sposa l'ingegnere e imprenditore Corrado Bertelè. Per 26 anni insegna italiano, storia e geografia nella scuola media di Lurago d'Erba.  Conclusa la carriera scolastica si dedica alla scrittura: compone poesie, scrive racconti e collabora con articoli a periodici locali e di categoria. Numerose opere sono state pubblicate in antologie. Pubblica in proprio due silloge di poesie. All'inizio degli anni novanta, in occasione della ristampa del libro Lurago d'Erba Note Storiche (1960) di Carlo Marcora, dottore della Biblioteca Ambrosiana, ne cura l'appendice dagli anni del boom economico fino alle ultime vicende del secolo scorso. Da sempre impegnata nella promozione della figura e del ruolo della donna in seno alla società anima le attività del Centro Italiano Femminile, dell'AIART, della Università della Terza Età e dell'Auser. Muore poco più che novantenne circondata dall'affetto dei figli e dei numerosissimi nipoti nell'estate del 2015.
Rosa Maria Picotti viene candidata per l’energia profusa nell’insegnamento a numerose generazioni di giovani luraghesi, per l’impegno dedicato alla promozione del ruolo e della figura della donna e per avere contribuito a conservare la storia del nostro paese.

Giuseppe Pontiggia, narratore e critico, è nato a Como nel 1934 ed ha trascorso la sua infanzia a Erba con il fratello Giampiero che assumerà più tardi, come poeta, lo pseudonimo di Giampiero Neri. Subito dopo la guerra si trasferisce con la famiglia a Milano,  dove si laurea e vive sino alla morte, avvenuta il 27 giugno del 2003. Accanto all’attività di scrittore si segnala il costante impegno come critico con una serie di saggi sui temi della narrativa classica (Pindaro, Lucano, Sallustio) e moderna (Borges, Gadda, Sinisgalli) raccolti poi in un unico volume, Il giardino delle Esperidi. Direttore dell’Almanacco dello specchio e del Verri, ha esordito con il romanzo autobiografico La morte in banca, nel 1959. A questo fanno seguito L’arte della fuga e dieci anni più tardi Il giocatore invisibile (Premio selezione Campiello, 1978). Nel 1983, frutto di una lunga elaborazione esce Il raggio d’ombra, un romanzo che conferma le sue grandi doti stilistiche e narrative. Con La grande sera nel 1989 vince il Premio Strega. Nel 1993 viene esce Vite di uomini non illustri, una serie di biografie di uomini comuni redatte nello stile del referto poliziesco e proposte con la stessa tipologia con cui si scrivono le vite degli uomini illustri. Editor, raffinato lettore e bibliofilo, è tornato al romanzo con Nati due volte, con il quale ha vinto il premio Campiello nel 2001. Il romanzo è stato tradotto in più di venti lingue, guadagnando grandi consensi e numerosi premi. Il suo ultimo libro, Prima persona, prende spunto dal diario mensile che Pontiggia ha tenuto sull’inserto de Il Sole 24 ore e approfondisce temi e motivi di attualità, fornendo uno sguardo critico e ironico sulla società e l’individuo dell’Italia di questi ultimi anni.
Giuseppe Pontiggia viene candidato, oltre che per le sue origini comasche, per lo stile colto e raffinato delle sue opere in cui ha affrontato, da una prospettiva originale e con un una voce unica e inconfondibile, temi e motivi di attualità, non ultimo quello della disabilità.

Antonia Pozzi, pronipote del letterato milanese Tommaso Grossi, nata nel 1912, fin dalla giovinezza mostra di essere dotata di uno spirito sensibile e inquieto, votato completamente alla poesia e alle lettere: un talento coronato dalla laurea in Filologia moderna sotto la guida del più lungimirante docente di estetica del tempo, Antonio Banfi. Nonostante la frequentazione degli eleganti ambienti milanesi e la possibilità di conoscere l’Europa, della quale studia tutte le lingue più prestigiose, Antonia predilige la vita tranquilla dell’amatissima Lombardia, e la contemplazione della natura austera delle Grigne che circonda la villa di famiglia a Pasturo, in provincia di Lecco. Una quotidianità solitaria ed espressiva, come la sua poesia. In breve tempo la repulsione dal mondo tormentato dai preparativi per la seconda guerra mondiale diventa insostenibile: Antonia si toglie la vita nel 1938, a soli ventisei anni, nel prato dell’abbazia di Chiaravalle. Oggi riposa a Pasturo, e in sua memoria ci restano le sue opere, tutte pubblicate postume, e l’intitolazione a una via di Milano.
Antonia Pozzi viene candidata per lo spirito contemplativo, per l’espressività struggente dei suoi giovanili componimenti poetici nonché per la contemplazione dell’amata natura lombarda, in particolare dei severi monti lecchesi.

Pietro Verri, letterato, storico ed economista milanese (1728 - 1797), fu tra le personalità più rilevanti della cultura italiana settecentesca, e tra i padri dell’Illuminismo riformatore lombardo. Intellettuale poliedrico e politicamente impegnato, trovò un grande ammiratore nel fratello minore Alessandro (1741-1816) che fu per tutta la vita il suo maggior confidente. Nell’inverno 1761-62 i due fondarono l’Accademia dei Pugni, una piccola società di giovani nobili illuministi, i quali poi trovarono la loro voce pubblica e il loro manifesto nella rivista Il Caffè, fondata da Pietro nel 1764. Il ‘ring’ dell’Accademia dei Pugni era “la stanza dalla stufa bianca” di casa Verri, a Milano: la stessa “stufa bianca” oggi si trova nella Villa Sormani di Lurago d’Erba, dove il pro-pronipote di Pietro, il conte Antonio Sormani Andreani Verri, nel 1917, sistemò con cura la biblioteca Verri e l’archivio di famiglia, ricco di documenti storici antichi e pregevoli, tra cui la fitta corrispondenza di Pietro e Alessandro. L’archivio rimase a Lurago fino al 23 dicembre 1980, quando la contessa Luisa Sormani Andreani Verri donò la raccolta verriana alla Fondazione Raffaele Mattioli per la storia del pensiero economico e il resto dei fondi all’Archivio di Stato di Milano.
I fratelli Verri sono candidati in quanto fondatori dell’Illuminismo riformatore lombardo, una delle correnti più avanzate della tradizione illuminista europea, e perché il loro carteggio fu conservato presso Villa Sormani fino agli inizi degli anni ottanta del secolo scorso.

Lurago d’Erba, 4 novembre 2021